Soro: la privacy dei pazienti va difesa ma non è un totem
23 Febbraio 2020
Intervista ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Di Cristiana Mangani, Il Messaggero, 23 febbraio 2020)
Dove finisce il diritto alla privacy e comincia la tutela dell’interesse della collettività? In questi giorni di paura da coronavirus il dibattito è di grande attualità. Ci sono leggi, dati sensibili, ma anche regole non scritte. C’è chi chiede nomi e indicazioni più precisi, e chi invece ricorda che la salute è un “dato” da non rivelare mai.
A tracciare la linea da seguire è Antonello Soro, Garante per la privacy, secondo il quale vanno contemperati entrambi gli interessi. “Sono informazioni delicate e sensibili – spiega – Tuttavia, l’emergenza legata all’epidemia comprime alcune libertà. Penso ai cittadini che sono nelle caserme per la quarantena proprio per evitare i contagi. In casi così il diritto alla privacy subisce delle limitazioni. Va sottolineato, comunque, che tutto questo insieme di informazioni deve essere gestito con la giusta cautela da chi si occupa dell’emergenza. E quindi, nel caso attuale, saranno la protezione civile e gli ospedali a dover valutare fino a che punto i cittadini vadano informati. Non è utile, anzi è pericolosa – aggiunge Soro – la rincorsa alle informazioni. Anche perché la priorità resta quella di tutelare chi si trovi già in situazioni di sofferenza”.
Per Francesco Micozzi, docente di Informatica giuridica all’università di Perugia, “le esigenze vanno contemperate”. “Vanno eliminati gli agganci tra il dato personale e la necessità di informare – sottolinea – e lo si può fare rispettando la pseudonimizzazione o l’anonimizzazione. Esempio: arriva in Italia una persona con coronavirus, è necessario che venga rivelato il nome? Evidentemente no. Si metteranno in contatto con lui coloro che hanno il compito di gestire l’emergenza. E i suoi dati personali dovranno rimanere in possesso solo degli operatori sanitari, e in questo caso anche dalla protezione civile. Saranno loro stessi a informare tutte le persone che sono entrate in contatto con chi ha il virus o si sospetta che lo abbia, ma possono farlo senza dame le generalità. Altrimenti il rischio che si corre è una pericolosa caccia all’untore”.
Fonte:
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9287748